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Professione euro-funzionario: colloquio con Cristiano Sebastiani, leader sindacale Ue

Autore: Alessandro Butticé / Aise


Cristiano Sebastiani, leader del principale sindacato dei funzionari Ue, Rinnovamento&Democrazia, Guido Germano Pettarin, deputato di FI, e Paolo Borchia, eurodeputato della Lega, hanno parlato della funzione pubblica europea durante una conferenza dibattito del circolo culturale Esperia, di Bruxelles, tenuto in videoconferenza il 15 dicembre. Ed hanno messo in evidenza sia le luci che le ombre di quella che continua ad essere considerata una delle migliori macchine amministrative del mondo.

Laureato in giurisprudenza nel 1986, Cristiano Sebastiani è diventato funzionario della Commissione europea, specializzato in appalti pubblici, ed è stato uno dei protagonisti, dalla parte dell’accusa, del caso Edith Cresson (ex primo Ministro Francese) che, nel 1999, provocò le prime dimissioni di una Commissione Europea. Quella presieduta dal lussemburghese Jacques Santer.

Lo abbiamo intervistato.

D. Cosa significa essere funzionario dell’Ue oggi?

R. Significa non dimenticare mai che, a differenza dei funzionari degli Stati membri la cui sovranità è acquisita e la cui unificazione è già stata realizzata, e spesso da molto tempo, il funzionario europeo si mette invece al servizio di un nuovo progetto di una nuova costruzione e concezione che è lungi dal potersi considerare come altrettanto acquisita. Costruzione che legittimamente alcuni non solo auspicano ma apertamente combattono.

D. La narrativa euroscettica descrive gli euro-funzionari come una casta di privilegiati. Come replica a quest’accusa?

R. Sappiamo bene che dobbiamo essere ogni istante capaci di dimostrare l’infondatezza di tali accuse, e delle opinioni peraltro assai diffuse che dipingono i funzionari europei quasi come un corpo di mercenari, che si preoccupano principalmente dei loro stipendi, attaccati al mantenimento dei loro benefici, ansiosi di evitare ogni seria valutazione dei loro meriti e quasi indifferenti e scollegati dal progetto europeo.

D. Perché la grande fiducia che i cittadini avevano nella funziona pubblica europea negli ultimi tempi sembra incrinarsi?

R. Perché la fiducia dei cittadini nella funzione pubblica europea non è mai scontata, perché l’Europa sembra essere più lontana da loro che il comune, la regione o lo stato, e deve essere conquistata e meritata ogni giorno.

Questo implica anche il dover rispondere alle critiche se del caso riconoscendone la fondatezza o allora fornendo gli elementi per permettere di smentirle. E mi rifiuto di banalizzare ogni critica come frutto di euroscetticismo o sovranismo che troppo spesso diventato facili alibi per esimersi dal dovere di rispondere nel merito.

D. Cosa vuole dire?

R. Che sarebbe sciocco e irrispettoso nei riguardi di chi soffre o subisce licenziamenti in tronco negare che le garanzie offerte ai funzionari europei siano sicuramente ragguardevoli. Anche se a seguito della riforma del 2004 le condizioni offerte ai nuovi assunti hanno subito un netto peggioramento. Al punto che oggi per le istituzioni il problema è diventato la capacità di attrazione della funzione pubblica europea, visto che sempre meno sono i candidati degli stati membri più ricchi che si presentano ai concorsi.

Il problema è quello di esser capaci di spiegare e far apprezzare dalle opinioni pubbliche a cosa serve la funzione pubblica europea.

D. Il numero dei funzionari Ue è inferiore a quello dei dipendenti del solo Comune di Parigi, e circa lo stesso del solo Comune di Roma. Non bisognerebbe ricordarlo di più e meglio ai cittadini?

R. Vero. Ma il costo di quanto alcuni dicono non servire, di quello di cui non si percepisce l’utilità, è per definizione sempre e comunque eccessivo. La difesa degli “inutili” è sempre per sua natura odiosa, corporativa e di casta.

Bisognerebbe spiegare meglio che non ci può essere - e non ci sarà mai - alcuna ambiziosa costruzione europea senza poter contare su una funzione pubblica europea che riunisca le migliori professionalità, seppure in numero molto ridotto, e che agisca in ogni situazione a difesa dell'interesse generale e come “difensore civico” dei cittadini europei.

D. Perché un funzionario Ue si considera legato a vita alla sua istituzione?

R. Perché lo Statuto del personale si basa su un approccio identitario del funzionario europeo, che intende dedicarsi interamente al suo compito, alla sua missione. Questa visione trova la sua consacrazione nel fatto che i funzionari in servizio attivo sono sempre a disposizione della loro istituzione senza limiti di tempo. Questo legame non cambia quando lasciano il servizio, poiché rimangono comunque soggetti ai loro doveri. Allo stesso modo, la solidarietà con l'istituzione si riflette anche in un sistema di sanzioni particolarmente severe, che non prevede in nessun caso la prescrizione per la punizione della colpa, con la possibilità di punire il funzionario anche molti anni dopo la fine del suo servizio attivo.

Quando si valutano i cosiddetti “privilegi” anche questi aspetti dovrebbero essere presi in considerazione.

D. Perché non lo spiegate meglio?

R. Il non esser sempre capaci di spiegarlo è sicuramente un limite della nostra capacità di comunicare e far passare i giusti messaggi. Va anche detto però che gli organi di stampa aperti a questo genere di informazione non sono molto numerosi, anche se pure ci sono e sono sempre più numerosi. Personalmente penso comunque che i cittadini europei non siano cosi interessati a sapere “quanti siamo” ma piuttosto a capire e percepire nella loro vita quotidiana “cosa facciamo”. Quale è il nostro contributo affinché le istituzioni europee siamo capaci di dare la giusta risposta ai loro legittimi bisogni ed alle loro richieste.

D. Quali sono i principali ostacoli?

R. Innanzitutto “la potente macchina da guerra” della comunicazione politica, che a livello nazionale spiega che quanto di buono accade è merito del governo nazionale e tutte le sciagure, le decisioni sbagliate sono invece colpa “dell’Europa”, e quindi anche dei funzionari europei.

D. Ma i commissari europei sono dei politici. Questo non aiuta?

R. I commissari europei sono donne e uomini con un passato ed anche un futuro politico, che non sempre danno prova di spiccata vocazione a rendersi impopolari nei rispettivi Stati membri, vantando i meriti delle istituzioni europee e del loro personale, e denunciando le manchevolezze della politica nazionale. Cui hanno appartenuto e cui spesso ambiscono a ritornare alla fine del loro mandato. E questo a volte influenza la capacità e la risolutezza della comunicazione istituzionale, lasciandoci soli in un compito che diventa davvero improbo. Senza per questo scoraggiarci in alcun modo.

D. Romano Prodi, quando era presidente della Commissione Europea, definì quella della Commissione Europea una delle migliori amministrazioni del mondo. Un’esagerazione o la realtà?

R. Credo che quella del Presidente Prodi non fosse un’esagerazione. Come ebbi però modo di dirgli in diverse occasioni, il mio rammarico è stato che proprio perché si era reso conto della sua eccellenza, avrebbe dovuto difendere meglio la funzione pubblica Ue dagli attacchi scriteriati di alcuni Stati membri, che hanno poi prodotto sotto la sua presidenza la disastrosa Riforma Kinnock del 2004. Fatta, guarda caso, col nome dell’allora commissario britannico responsabile dell’amministrazione.

D. Se avesse una bacchetta magica e tre desideri da esaudire, cosa chiederebbe, da rappresentante sindacale degli euro-funzionari per l’Unione Europea?

R. L’affermazione di competenza, permanenza e indipendenza della funzione pubblica europea. Competenza, perché il perseguimento dell'interesse generale europeo è un compito particolarmente difficile che spesso richiede un grado molto elevato di tecnicità e rigore. Permanenza, perché rafforza l'indipendenza della funzione pubblica e perché l'integrazione europea è un processo a lungo termine. Infine, indipendenza, perché la funzione pubblica europea deve essere abbastanza forte da mantenere la propria libertà di giudizio e la propria capacità d'azione per resistere alle pressioni e ai nazionalismi di ogni tipo, siano essi politici, economici o amministrativi. (alessandro butticé\aise)

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